Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace
Ho aderito a questo appello perché credo che il senso della mia vita – come essere umano – sia nell’aver cura, nel custodire qualcosa/qualcuno. E questo qualcosa/qualcuno sono in primis gli occhi e i volti della gente, che spesso non sappiamo neppure guardare; ma al contempo gli occhi di tutte le forme viventi nella cui “culla” viviamo. É tutto collegato e non scindibile, e assumere la responsabilità della cura è ciò che ci realizza e ci dà senso.
Né la cura per gli esseri umani, né la cura per l’ambiente sono quindi attività filantropiche, fanno piuttosto parte dell’essenziale.
Vorrei una stagione in cui prima dello sfogo ci sia spazio per l’ascolto, in cui prima della condanna ci sia spazio per la parola, in cui prima della “capitozzatura” ci sia il tempo dello sguardo, la capacità della visione, l’immaginazione per un futuro meno avvilente di quello che appare come inevitabile.
Come scrive papa Francesco, «siamo sempre più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi», mi auguro che questa iniziativa sia in grado di farlo.
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